ALLUCINAZIONI EVANGELICHE E SUPERAMENTO

ALLUCINAZIONI EVANGELICHE E SUPERAMENTO

Raccolta di appunti di Nereo Villa per una comprensione artistica e scientifico-spirituale
delle due divergenti genealogie di Gesù, trasmesse dai vangeli

MOLTI ANNI DOPO EUCLIDE, PITAGORA E GESÙ
Oggi, molti anni dopo Euclide e Pitagora, si studiano ancora il teorema di Euclide e quello di Pitagora ma non sui testi originali bensì in base ai loro contenuti scientifici. Uno studio sulle pergamene di Euclide o quelle di Pitagora è addirittura qualcosa di impensabile dal punto di vista della geometria in quanto si tratterebbe di studi filologici, prima che di matematica e geometria. È impensabile che qualcuno - nel cercare la verità degli enunciati euclidei e pitagorici - possa dire: “Siccome voglio essere sicuro che il teorema di Euclide e quello di Pitagora siano giusti, li voglio studiare direttamente sui testi originali greci, o sui frammenti più antichi che di essi ci sono rimasti”. È impensabile perché già nell’adolescenza si può avere la certezza della giustezza dei teoremi di Euclide e di Pitagora, dato che i loro enunciati possono essere verificati nell’attività interiore di ogni uomo, tramite lo spirito individuale di ognuno, cioè tramite l’io di ognuno.
Se anche andassero perduti i testi originali di quelle verità euclidee e pitagoriche, nelle scuole si studierebbero ugualmente il teorema di Euclide e il teorema di Pitagora.
Perché?
Perché si tratta di verità che l’uomo può trovare e verificare in se stesso, nella propria interiorità spirituale senza bisogno di alcun documento antico. Anzi, dubito che un filologo che non si intenda di matematica e di geometria, possa comprendere, con la sola filologia, l’essenzialità degli enunciati di Euclide e di Pitagora presenti in quei documenti antichi. Potrà magari scrivere interi libri sulle parole originali usate dai due matematici ma non potrà verificare interiormente quelle verità, come possono fare invece a scuola quei ragazzi che si occupano di matematica e di geometria.
La stessa cosa vale per i Vangeli, i testi antichi, la Bibbia, ecc.
Oggi, molti anni dopo il cosiddetto mistero del Golgota, le verità cristiane dei quattro evangelisti Matteo, Marco, Luca, e Giovanni, sono studiate da filologi e da teologi; e il risultato di quegli studi è stampato in migliaia di libri, che entrano nelle biblioteche del pianeta come il “non plus ultra” della comprensione del cristianesimo.
Quel teologico “non plus ultra” si allontana però sempre più dalla verità. Perché operando come il filologo che non intendendosi di matematica si allontana sempre più dalla verità degli enunciati di Euclide e di Pitagora, chi affronta gli antichi testi originali solo con la filologia o la scienza storica o la metodologia dogmatica, allo stesso modo si allontana dal vero.
Il metodo esteriore e laico, storico-scientifico, conduce i teologi odierni ad una progressiva materializzazione dell’interpretazione dei Vangeli. Con quel metodo si poterono innanzitutto constatare le contraddizioni dei quattro Vangeli messi a confronto. Dalla percezione di tali contraddizioni ebbe inizio la caduta verso il basso fino ad arrivare a sostenere che la conoscenza storica di Cristo non la si può comprendere scientificamente, e che dunque la si può solo credere per fede. La si può solo credere per fede?
Ma è davvero questo - bisognerebbe chiedersi - il motivo per cui sono nati i Vangeli? Era questo che volevano gli evangelisti?
Approfondendo i Vangeli ed accogliendone il contenuto e le forze, si ottiene un contenuto di attività interiore o di fede.
Perciò il teologo subito risponderà: “Anche se la scienza non mi spiega i Vangeli, possiamo ugualmente approfondirli, e ricavarne un contenuto di attività interiore, un contenuto di fede”.
Questo contenuto teologico o confessionale (col termine “confessionale” non intendo solo la confessione cattolica ma ogni altro tipo di confessione religiosa, o di filosofia orientale di tipo religioso) è però una GRANDE ALLUCINAZIONE, per quanto si tratti di un’allucinazione raffinata: l’ALLUCINAZIONE DEL MISTERO DEL GOLGOTA.

L’ALLUCINAZIONE DEL MISTERO DEL GOLGOTA
La cosa più alta che un teologo possa ricavare dai vangeli è l’allucinazione del mistero del Golgota, né più, né meno.
Proprio la chiesa cattolica odierna conosce questo segreto. Per questo motivo in fondo la chiesa non vuole che la gente conosca i vangeli, perché teme che il profano (ed ogni laico è per la chiesa profano) arriverebbe a comprendere che attraverso i vangeli si può giungere solamente all’allucinazione del mistero del Golgota.
La si potrebbe chiamare anche immaginazione, dato che l’allucinazione è talmente raffinata da essere una vera immaginazione. Ma anche volendola chiamare così, attraverso il contenuto dei vangeli è possibile ottenere solo un’immaginazione.
Per accorgersi di questa immaginazione o allucinazione, basterebbe chiedersi il nome del proprio nonno paterno.
Sapere il nome del padre del proprio padre è cosa del tutto normale, e sarebbe davvero allucinante sostenere che il nostro nonno paterno possa essere doppio, cioè che vi possano essere due nonni paterni.
Eppure per il vangelo di Matteo il nonno paterno di Gesù è Giacobbe, mentre per quello di Luca è invece Eli.
Giacobbe ed Eli sarebbero ambedue il padre di Giuseppe!?
Come mai questa allucinazione è tramandata dai vangeli e dalla chiesa cattolica?
La genealogia di mio nonno è più esatta di quella di Gesù!
Se un nonno è Caio non può essere anche Sempronio. Ed è un dato certo che non possono esservi due nonni paterni. Se vi fossero documenti che sostengono il contrario di questa certezza, bisognerebbe o non bisognerebbe dubitare di essi come di qualcosa di allucinante?
Ora, quei documenti esistono, e da duemila anni sono venerati dagli appartenenti alle diverse confessioni religiose. Si tratta appunto dei vangeli.
Ripeto perché questa cosa è da fuori di testa: per il vangelo di Matteo il nonno paterno di Gesù è Giacobbe, mentre per il vangelo di Luca il nonno paterno di Gesù è Eli.
Giacobbe ed Eli sono dunque ambedue il padre di Giuseppe. La cosa si prospetta esattamente come se tuo nonno paterno “fossero” in due: Caio e Sempronio!
Come mai questa allucinazione è tramandata dai vangeli e tutti sono muti su questo problema?
Oltretutto, non è forse risaputo che gli scrittori dei vangeli erano ebrei, e che gli ebrei dettero sempre una straordinaria importanza alla progenie, come è confermato in tutto il “Vecchio Testamento”? Come mai proprio il “Nuovo Testamento” incomincia con l’assurdità delle due genealogie di Gesù di Nazareth? Come fa il teologo o il filologo a non accorgersi dell’allucinazione delle due genealogie evangeliche? Oppure: come fa a far finta di niente?
Bisognerebbe allora ritornare a chiedersi: ma è questo il motivo per cui sono nati i vangeli? Era questo che essi volevano?
Volevano la nostra fede?
E il conoscere non lo volevano?
I vangeli servono forse ad impedire alla gente di conoscere affinché sostituisca il conoscere con la fede?
Poniamo pure che le cose stiano così, e cioè che per un’individualità importante come Gesù di Nazaret, ebreo - e dunque appartenente ad una tradizione che, ripeto, tenne e tiene in sacra considerazione sangue e genealogie - questo errore ci ponga davvero di fronte ad una fede.
Dunque davanti a scogli come questi, il teologo odierno, per quanto riguarda la conoscenza storica del Cristo, si appella alla fede.
Ma è una fede strana: quella che di fronte alla contraddizione da risolvere si comporta come se la risoluzione fosse data solo per il motivo di crederlo.
Tanto valeva omettere le genealogie nei vangeli di Matteo e di Luca. Per quale motivo gli scrittori di quei vangeli avrebbero dovuto porre quelle due diverse genealogie se la loro diversità avesse dovuto far sorgere una fede che crede nonostante esse?
No, qui si dovrebbe dire: credo che gli scrittori dei vangeli di Matteo e di Luca abbiano voluto trasmettere, tramite due differenti genealogie di Gesù, qualcosa di molto importante e di misterioso che riguarda la conoscenza storica di Gesù. La mia fede nella forza spirituale che ispirò quegli scrittori mi spinge a credere che le due genealogie NON siano una svista dello Spirito Santo sulla quale sia ammissibile sorvolare per fede nel Figlio o nel Padre. Quelle due genealogie sono poste lì per illuminarmi su qualcosa, che se non comprendo ancora bene, posso sperare di comprendere al più presto: se avrò la costanza di nutrire, tramite la ricerca, la mia fede, fino alla sua maturità. - Altrimenti la cosa più alta che si possa ricavare dalle due differenti genealogie di Gesù è una FEDE-ALLUCINAZIONE.
La risposta che in genere si da’ in merito alle due sballate genealogie di Gesù si basa sull’esigenza di differenziare fra la legalità della successione dinastica (basata sulla legge del levirato, narrata in Deuteronomio 25,5) e la discendenza naturale. Ma tale esigenza è - fino a prova del contrario - insufficiente e di conseguenza non convince, dato che non risponde al perché gli scrittori dei vangeli, che erano pur sempre ebrei (e che gli ebrei, ripeto, dettero sempre una straordinaria importanza alla progenie, com’è confermato in tutto il “Vecchio Testamento”: “Tizio figlio di Caio… figlio di…, di... ecc.”), abbiano fatto iniziare il “NUOVO TESTAMENTO” secondo leggi del “VECCHIO TESTAMENTO”, che il “NUOVO TESTAMENTO” avrebbe dovuto superare. In altre parole resta da chiedersi: come mai il NUOVO incomincia con l’“assurdità” delle due genealogie diverse di Gesù di Nazaret “giustificate” legalmente in base al “VECCHIO TESTAMENTO”, e non anche legittimamente in base alla ragione umana?

FEDE ALLUCINATA E FEDE CONCRETA
Nel vangelo di Luca è detto che a dodici anni Gesù diventa improvvisamente diverso dal solito, tanto che i genitori rimangono stupiti quando lo ritrovano a Gerusalemme nel tempio. Il fanciullo, dopo essere stato smarrito, parlava in modo che i suoi genitori non comprendevano le sue parole.
Perché?
Chi più dei genitori può comprendere le parole dei propri figli?
Come mai Giuseppe e Maria non riconobbero nel loro significato le parole del loro bambino?
Giuseppe e Maria conoscevano il loro bambino, e lo conoscevano com’era stato fino a quel momento. Quando invece si mette a discutere coi dottori della legge, Giuseppe e Maria non comprendono più il suo linguaggio.
Come mai lo scrittore del vangelo di Luca fa rilevare che i genitori non riconoscono il significato delle parole del loro piccolo? Forse per indicare che non potevano intendere che colui che era nato per opera dello Spirito Santo potesse rispondere parole come: “Perché mi cercate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49).
Non avrebbe dovuto essere naturale la risposta per la sapienza della Madre del Signore e per la fede di Giuseppe?
Anche qui occorre riconoscere che l’intenzione dello scrittore del vangelo di Luca non è quella di indicare l’incapacità dei genitori nel comprendere il loro fanciullo, e tanto meno quella di negar loro la necessaria serenità per comprendere il piccolo, o di indicare tramite ciò il loro stupore, la loro apprensione: questo non sarebbe che una mera ripetizione delle parole “restarono stupiti” nel versetto precedente (Lc 2,48), un passo rafforzativo di stile letterario, una frase ad effetto.
È invece notorio lo stile essenziale dei vangeli: ogni passo vuol dirci qualcosa di ben preciso. Ed è a questo qualcosa di preciso che dovrebbe tendere una fede NON allucinata, cioè una fede concreta. O vogliamo continuare a credere nell’incongruenza di Maria Mater Sapientiae (Madre della Sapienza) quando i vangeli insegnano che non capiva nemmeno le parole del suo fanciullo?

ORIENTE E OCCIDENTE PER I VANGELI NON SONO NEMICI
Oggi si è indotti a credere che l’Oriente e l’Occidente siano nemici anche se il vangelo di Luca dice il contrario, e cioè che la tradizione occidentale non è altro che la continuazione della tradizione orientale.
La tradizione orientale narra di un vecchio saggio che ai tempi dell’infanzia del Gotama Budda si era presentato alla reggia del padre del Gotama Budda e con grande dispiacere perché la sua veggenza di saggio gli aveva predetto che quel bambinello sarebbe poi diventato il Budda, ma a quell’evento egli, in quanto oramai troppo avanzato negli anni, non avrebbe potuto essere presente. Così, dicendo queste cose al padre del futuro Budda, egli piangeva.
Il nome di quel vecchio era Asita.
La tradizione di Luca narra che agli inizi della nostra era lo Spirito Santo predisse ad un vegliardo sacerdote saggio e buono che non avrebbe visto la morte senza prima aver visto il Messia del Signore. Quando si verificò questo evento prese fra le braccia il bambino Gesù, che i genitori stavano portando al tempio per offrirlo al Signore in quanto primogenito, e pieno di spirito disse: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi han visto” (Lc 2,29-30). Quel saggio si chiamava Simeone.
Le due tradizioni, quella orientale del Budda e quella occidentale del Cristo, stanno qui come a confronto ma legate da un elemento comune: un vegliardo saggio e veggente. La tradizione occidentale pare la continuazione della tradizione orientale. Ciò che nella tradizione orientale il saggio non vede, è visto dal saggio della tradizione cristiana. Si potrebbe dire: ciò che la saggezza orientale non riesce a vedere è visto dalla saggezza occidentale. E ciò non grazie ad una più alta saggezza ma per una questione di tempo, di biografia e di storia.
Ed anche qui sorge una domanda: perché Oriente ed Occidente presentano proprio in questo modo la storia del saggio veggente? Qual è il rapporto fra l’individualità di Asita e quella di Simeone? La nostra fede può sorvolare su questo rapporto fra Oriente ed Occidente?
Questi interrogativi, quelli relativi alla comprensione di Gesù dodicenne che si occulta nel tempio tanto che i genitori credono di averlo smarrito e vanno a cercarlo, gli interrogativi sulla doppia genealogia di Gesù ed ancora molti altri interrogativi si pongono sempre di più alla fede degli esseri umani: vi è una direzione spirituale dell’uomo e dell’umanità? Cosa sono in realtà i vangeli? Come si può riconoscere il fatto che duemila anni fa il Cristo visse davvero sul nostro pianeta in un corpo umano? E come è possibile riconoscere ciò senza ricorrere ad alcun documento, proprio come si può riconoscere l’esattezza dei teoremi di Euclide e di Pitagora? Questo esige un nuovo modo di vedere e sarà il prossimo tema da sviluppare.