UN NUOVO MODO DI VEDERE

UN NUOVO MODO DI VEDERE

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UN NUOVO MODO DI VEDERE

Risposte esaustive a tutte queste domande e a molti altri quesiti che riguardano la vita dell’uomo possono venire non dalla mera scienza storica o filologica o teologica, bensì da un modo di guardare e di osservare le cose che non consideri solo il loro aspetto materiale, o sensibile, ma anche quello immateriale o sovrasensibile. Con questi termini non intendo il mondo del paranormale (o del soprannaturale, miracolismo, medjugorismo, padrepiismo, ecc.). Tale mondo non c’entra nulla col sovrasensibile qui inteso, ed al fine di evitare annoianti fraintendimenti caratterizzerò ora con esempi questo nuovo modo di vedere le cose.

PRIMO ESEMPIO - IL CORPO FISICO. Quando giri per strade e negozi ed incontri gente, credi di vedere dei corpi fisici ma in realtà non è così. Vi è differenza fra un corpo fisico ed un corpo vivente. La gente che incontriamo è viva. Possiamo dire realmente di osservare un corpo fisico dirigendo il nostro sguardo NON su persone vive, bensì su cadaveri. Il cadavere è il vero corpo fisico dell’uomo. Noi portiamo continuamente con noi il nostro cadavere impedendo, tramite le nostre forze vitali, che esso si decomponga. Il nostro cadavere, il nostro corpo fisico, lo abbiamo in comune col regno minerale.
SECONDO ESEMPIO - IL CORPO VITALE. Se si osserva il tronco di un albero ci si accorge che il regno minerale si è trasformato lì in vegetale. Dentro la corteccia, bruna come la terra, il minerale dell’albero è ricco di vita, di acqua, elemento vitale per il nutrimento delle piante, e di forma. La forma dell’albero è data da quella sua forza di vivere che pur essendo invisibile agli occhi fisici, pur tuttavia c’è. E questa è il corpo vitale del vivente. Quando osservi una persona, assisti in realtà alla lotta del suo corpo vitale, che impedisce al fisico di disgregarsi nel tempo, di perdere la forma mediante decomposizione. La nostra forma umana muta nel tempo a seconda della forma che diamo al nostro ordinario pensare. Le nostre forme-pensiero sono le abitudini di pensiero, che possono mutare e influire sul mutamento della nostra forma corporea (così come le forme statiche dei minerali e quelle germinanti dei vegetali sono differenti fra loro, allo stesso modo sono differenti fra loro lo scheletro umano dalla fiorente corporeità umana). Il corpo vitale di una persona i cui modi di fare (che provengono dalla sua forma mentis, cioè dalle sue forme-pensiero) siano antisociali, a lungo andare contrarrà dei debiti con la società. L’economia del cosmo farà in modo che prima o poi quei debiti in un modo o nell’altro saranno pagati. La capacità di perdonare, ad es., un’offesa fattaci, libera anche il nostro corpo vitale da eventuali debiti, contratti con l’aver noi offeso qualcuno, magari tempo prima coi nostri modi di fare. La nostra forma mentis, la nostra forma-pensiero, la nostra forma corporea che vive, i nostri modi di fare, i nostri atteggiamenti inconsci o subconsci, il modo con cui abbiamo, consapevoli o no, contratto dei debiti con l’economia della giustizia del cosmo, tutto ciò avviene in un mondo sovrasensibile, cioè immateriale, invisibile, etereo. Così la forma della pianta è già presente nel seme, anche se non la si vede. E mentre abbiamo in comune il nostro corpo fisico con il regno minerale, il nostro corpo etereo lo abbiamo in comune col mondo vegetale. Anche il tempo fa parte del mondo vitale o etereo, detto anche eterico.
TERZO ESEMPIO - IL CORPO IN MOTO. Col regno animale abbiamo in comune ciò che si muove, che si anima. Il corpo animico è il complesso di tutte le sensazioni, emozioni, desideri, tentazioni, che inducono a muoversi o a commuoversi o a reagire. Il movimento interiore ed esteriore, dalle massime altezze dei pianeti e degli astri fino alle profondità più inconsce del corpo eterico di ogni essere vivente, tutto ciò che si muove di moto proprio è anima: è il mondo astrale o mondo animico. Nell’uomo il corpo astrale o animico è dunque: moto interiore senziente, razionale-irrazionale, cosciente-incosciente, e movimento delle membra, conscio o inconscio, armonico o disarmonico, nello spazio.
Mentre col primo esempio ho caratterizzato l’elemento fisico-sensibile dell’uomo e del cosmo, col secondo e col terzo esempio ho caratterizzato due elementi che di solito non sono considerati dalle scienze ordinarie: l’elemento vitale e l’elemento del movimento o astrale.
Procedendo in questo modo si possono dare l risposte alle domande precedentemente poste.

PREPARAZIONE ALLE RISPOSTE
Oltre agli elementi che l’uomo ha in comune coi regni minerale, vegetale e animale, ve ne è uno che caratterizza ESCLUSIVAMENTE il regno umano ed è l’io.
L’uomo che riflette su se stesso riconosce ben presto che oltre all’io che egli abbraccia coi suoi pensieri, coi suoi sentimenti e con gli impulsi pienamente coscienti della sua volontà, ne porta in sé un altro, più forte del primo e operante dalle profondità dell’interiorità. A volte questo secondo io ci fa agire e dire cose che comprendiamo dopo, magari molti anni dopo. Quando ce ne rendiamo conto e comprendiamo che il nostro intelletto non era ancora maturo per capire le cose fatte e perfino dette da noi stessi ci sentiamo come protetti da questa potenza buona operante dal profondo e cominciamo ad acquistare sempre maggior fiducia nel fatto che in realtà non siamo soli, e che tutto quello che comprendiamo, che coscientemente siamo capaci di compiere, in fondo non è che una piccola parte di ciò che operiamo nel mondo.
Sicuramente non faremmo molta strada nella vita se ogni nostra azione dovesse essere compiuta in piena consapevolezza intellettuale, sotto lo sguardo vigile di un’intelligenza che abbracci ogni minima circostanza. Infatti il periodo della vita in cui compiamo su di noi le più importanti azioni per l’esistenza e col massimo di sapienza avviene all’incirca fra la nascita e il momento fino a cui giungono i nostri ricordi, guardando retrospettivamente. Quel momento è il punto in cui abbiamo imparato a sentirci come un io. Ed è prima di questo punto che abbiamo compiuto le operazioni più sapienti su di noi; più tardi, sviluppando la nostra consapevolezza, non abbiamo più potuto attuare su di noi azioni grandiose e possenti quanto quelle compiute dalle nostre profondità inconsce nei primissimi anni dell’infanzia.
In quel periodo non solo l’uomo elabora plasticamente il proprio cervello, ma deve apprendere tre delle cose più importanti per la sua esistenza terrena.
Prima di tutto impara ad orientare nello spazio il proprio corpo. Diversamente dall’animale, che è a ciò determinato in partenza, deve lavorare su di sé per trasformarsi da un essere incapace di camminare in un essere capace di camminare eretto. Siamo noi stessi a conferirci la nostra posizione verticale, la nostra posizione di equilibrio nello spazio, e a metterci in rapporto con la forza di gravità. Se nell’animale è la natura della sua organizzazione a determinare il rapporto con lo spazio, in noi è invece l’anima a mettersi in rapporto con lo spazio e, a tal fine, essa soggioga l’organizzazione.
La seconda cosa che l’uomo insegna a se stesso partendo dalla propria entità è il linguaggio. Tramite il linguaggio egli si mette con gli altri uomini in un rapporto che fa di lui il portatore della vita spirituale, comprendendo il mondo fisico e prendendo le mosse da se stesso. Infatti impara a parlare solo se è stimolato il suo essere psichico come tale. L’uomo deve formare il germe dello sviluppo della propria laringe nel periodo della vita durante il quale non ha ancora la coscienza del suo io. Perché la laringe potesse diventare l’organo del linguaggio, dovemmo porre il germe per l’elaborazione di tale organo prima del momento fino a cui giunge più tardi la nostra memoria.
Esiste poi una terza cosa, della quale è meno risaputo che l’uomo l’apprende da solo: si tratta della vita entro il mondo stesso del pensiero. L’elaborazione del cervello è intrapresa perché il cervello è lo strumento del pensare. Lo stato in cui si trova il cervello appena dopo la nascita riflette le forze ereditate dai genitori e dai progenitori. Noi però dobbiamo esprimere col nostro pensare ciò che siamo come esseri individuali. Per questo motivo dobbiamo trasformare, elaborandole, le caratteristiche ereditate del nostro cervello, quando dopo la nascita ci rendiamo fisicamente indipendenti dai genitori e dagli avi.
Tutto quanto siamo grado di produrre come ideali, creazioni artistiche, e pure tutte le forze risanatrici naturali che siamo in grado di attuare nel nostro corpo per compensare continuamente il logorio dovuto alla vita, tutto questo non proviene dall’intelletto ordinario ma dalle forze più profonde che nei primi anni lavorano al nostro orientamento nello spazio e contribuiscono all’elaborazione della laringe e del cervello, E ciò può avvenire grazie al fatto che in quei primi anni siamo congiunti dalle profondità incoscienti della nostra attività interiore molto più strettamente ai più eccelsi mondi spirituali di quanto non lo siamo negli anni successivi, in cui queste forze sono comunque ancora presenti, per esempio quando a volte, in caso di malattia, si afferma che le forze esterne non possono aiutarci e che deve essere il nostro organismo a far scaturire le forze risanatrici latenti; in tal caso si accenna appunto a un’attività piena di saggezza che è presente in noi. Inoltre scaturiscono dalla stessa sorgente anche le migliori forze che portano alla conoscenza del mondo spirituale, vale a dire ad una vera chiaroveggenza.
È dunque estremamente importante il momento in cui l’uomo consegue la coscienza del proprio io, e che segna il punto fino al quale la memoria potrà risalire.
Il periodo che va dalla nascita fino a quel punto è di tre anni. Se anche a volte il ricordo retrospettivo non raggiunge il quarto anno dell’infanzia, si può lo stesso affermare che l’azione della sfera spirituale superiore, nel senso sopra indicato, si estende ai primi tre anni di vita, ed alla fine di questo periodo l’uomo acquista la capacità di congiungere le impressioni del mondo esterno con la rappresentazione del proprio io: anche se è esatto far risalire che questa coerente rappresentazione dell’io solo fino al punto al quale giunga la memoria retrospettiva, si può tuttavia dire che in sostanza questa memoria arriva fino all’inizio del quarto anno; solo che per l’inizio di una chiara coscienza dell’io la memoria è così debole da passare inosservata. È quindi valida l’affermazione che le forze superiori che determinano l’uomo durante l’infanzia possono agire durante tre anni.
Se tali forze superiori continuassero ad agire allo stesso modo non solo nei primi anni dell’infanzia ma anche dopo, l’uomo rimarrebbe sempre bambino e non conseguirebbe mai la piena coscienza dell’io. Durante i primi anni di vita, la cosiddetta “aura infantile” avvolge il bambino come una mirabile potenza umana-sovrumana, e l’avvolge in modo che quell’aura infantile che in realtà è la
parte superiore dell’uomo, si estende in ogni luogo entro il mondo spirituale; senonché, giunto quel punto fino al quale l’uomo saprà risalire coi sui ricordi, quell’aura tende a ritirarsi all’interno dell’uomo. E risalendo fino a quel punto, l’uomo può sentirsi come un io coerente proprio perché ciò che in precedenza era stato in contatto coi mondi superiori, in seguito si è ritratto entro il suo io. Da quel momento la coscienza si mette ovunque in contatto col mondo esterno. Ciò non avviene ancora nell’età infantile, quando le cose ci circondano come un mondo di sogno. In quel periodo lavoriamo su noi stessi in base a una saggezza che NON è in noi. Verso la fine del terzo anno di vita ciò che prima operava aleggiando intorno a noi come aura collegata alle più alte gerarchie spirituali, ciò che prima operava dall’esterno incomincia ad essere trasposto dentro di noi, altrimenti continueremmo a percepire in modo sognante il mondo intorno a noi.
Ora, se quelle forze spirituali continuassero ad agire allo stesso modo, cioè ripeto: non solamente nei primi anni ma anche dopo, saremmo costretti a morire. Il motivo di ciò sta nel fatto che l’entità umana conseguì la sua forma attuale per effetto delle entità luciferiche ed arimaniche (Lucifero è il serpente tentatore interiore, Arimane, chiamato Belial da Paolo di Tarso e Satana dagli evangelisti, è la “mela” - dal latino “malum”, “male” onde il termine “mela” - che appare esteriormente appetibile; il primo è l’egoismo, il secondo è l’illusione che dall’egoismo proviene. Arimane - o Satana o Belial - è Lucifero mascherato). Grazie a queste forze, la natura umana è diventata in certo modo peggiore di come sarebbe dovuta divenire se avessero agito su di lei solo le forze provenienti dalle guide spirituali del cosmo, che avrebbero voluto guidare l’uomo in un’evoluzione rettilinea. Anche la causa dei dolori, delle malattie e della morte va ricercata nel fatto che, oltre alle entità che guidano l’uomo in linea diretta, operano anche quelle luciferiche e quelle arimaniche che di continuo intralciano l’evoluzione rettilinea e progressiva. In ciò che l’uomo porta con sé nascendo, vi è qualcosa di migliore dell’uso che saprà farne più tardi nella vita; nei primi anni dell’infanzia le forze luciferiche e quelle arimaniche hanno un’influenza scarsa sulla natura umana: sono essenzialmente attive solo in ciò che l’uomo fa di se stesso tramite la propria vita cosciente. Se quella parte di noi, che è migliore dell’altra, dovesse perdurare in noi in tutta la sua forza, non saremmo in grado di resistere alla sua azione, in quanto le contrastanti forze luciferiche ed arimaniche indeboliscono la nostra natura complessiva. Nel mondo fisico abbiamo un’organizzazione tale da poter sopportare le forze dirette del mondo spirituale operanti in noi nei primi anni dell’infanzia solamente finché restiamo infantilmente e morbidamente plasmabili. Ma soccomberemmo se anche nell’età ulteriore continuassero ad agire in modo diretto le forze che stanno alla base dell’orientamento nello spazio, della formazione della laringe e del cervello. Queste forze sono così potenti che, se operassero anche dopo, il nostro organismo dovrebbe deperire per effetto della loro santità.
L’uomo deve rivolgersi a quelle forze solo per quell’attività che lo porta in contatto cosciente col mondo sovrasensibile.
Se lo si comprende correttamente, il pensiero pieno di significato del Nuovo Testamento: “Se non diventerete come fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3) ci si schiude in tutta la sua verità. Infatti riconoscendo come giusto quanto ho detto prima, qual è l’ideale che all’uomo appare più alto? Certamente quello di avvicinarsi sempre più a un rapporto cosciente con le forze che operano incoscientemente sull’uomo nei primi anni dell’infanzia. Va però tenuto presente che l’uomo si spezzerebbe sotto la potenza di tali forze, se queste potessero agire in modo diretto nella sua vita cosciente.
Questa è la ragione per cui il conseguimento delle facoltà che consentono la percezione della sfera sovrasensibile (o immateriale o spirituale), ed in questo caso delle risposte provenienti da questa sfera immateriale, esige un’accurata preparazione. Tale preparazione si propone di rendere l’uomo adatto a sopportare ciò che nella vita di tutti i giorni egli non è, appunto, in grado di sopportare, e ciò al fine di far nascere in sé un nuovo io, capace di vedere in modo nuovo e di abbandonarsi sempre di più con tutto se stesso a quelle forze che sono attive nell’uomo solo nell’infanzia. QUELLO CHE COSÌ NASCE DALL’UOMO È IL “FIGLIO DELL’UOMO” DEL NUOVO TESTAMENTO.
Appare ora chiaro che il vedere il figlio dell’uomo salire e scendere fra le gerarchie angeliche, così come è detto nel Nuovo Testamento, è un vedere sovrasensibile: la percezione sovrasensibile della realtà delle ripetute vite terrene, il cui significato è essenziale per rispondere esaustivamente a quelle domande.

SIGNIFICATO DELLE SUCCESSIVE VITE TERRENE
Il passaggio attraverso successive incarnazioni (o restaurazioni, o apocatastasi) è importante per l’evoluzione complessiva dell’essere umano. Questo ha attraversato in passato una serie di vite successive, mentre anche la terra procedeva nella sua evoluzione parallela. Arriverà una volta il momento in cui la terra sarà arrivata al culmine del suo cammino; a quel punto il nostro pianeta dovrà, come entità fisica, staccarsi dall’insieme delle anime umane, così come il corpo umano si stacca con la morte dallo spirito, quando l’anima umana, per continuare a vivere, entra nel regno spirituale che le compete fra la morte e una nuova nascita. Tenendo conto di ciò, dovrà apparire come eccelso ideale che l’uomo, al momento della morte della terra, abbia saputo conquistare tutti i frutti che possono scaturire dall’esistenza terrestre.
Le forze che rendono incapace l’uomo di sopportare quelle altre forze operanti su di lui durante l’infanzia, provengono dall’organismo della terra. Quando questo organismo terrestre si sarà distaccato dall’essere umano, l’uomo grazie all’aver conseguito la propria meta, dovrà essere divenuto capace di abbandonarsi realmente con tutto il proprio essere a quelle forze che attualmente sono attive solo nell’infanzia. Il significato delle successive vite terrene è dunque di fare gradualmente dell’uomo intero (e quindi anche della sua parte cosciente) l’espressione delle forze che nei primi anni della vita operano in lui provenendo dal mondo spirituale (senza che lui ne abbia coscienza).
Da queste considerazioni scaturisce un pensiero che prende l’anima e la riempie tanto di umiltà quanto di una coscienza adeguata alla dignità umana. Il pensiero è questo: “IO NON SONO SOLO; VIVE IN ME, COME IN OGNI UOMO, QUALCOSA CHE PUÒ DIMOSTRARMI IN OGNI MOMENTO CHE HO LA POSSIBILITÀ DI ELEVARMI AL DI SOPRA DI ME STESSO, VERSO QUALCOSA CHE GIÀ ATTUALMENTE MI TRASCENDE E ANDRÀ CRESCENDO DI VITA IN VITA”. Questo pensiero potrà assumere una forma sempre più precisa e ne deriverà un senso straordinario di pace e di elevazione, mentre l’attività interiore sarà contemporaneamente sempre più colma di umiltà e di modestia. Che cos’è dunque che l’uomo racchiude in sé? Si tratta realmente di un uomo superiore e divino, dal quale egli può sentirsi vivamente incorporato, come se dicesse a se stesso: “È LUI LA MIA GUIDA E STA DENTRO DI ME”.
Da questi punti di vista nasce facilmente il pensiero che in tutto ciò che possiamo fare si debba cercare l’accordo con la parte di noi che è più saggia dell’intelligenza cosciente. Dal nostro io normalmente cosciente si scorge la prospettiva verso un io più ampio, nei confronti del quale è possibile rimuovere ogni falso orgoglio e presunzione umana. Questo sentimento si trasforma poi in un altro che apre a una giusta comprensione del modo in cui attualmente l’uomo è imperfetto. Questo sentimento permette quindi di conoscere come egli può diventare perfetto: quando la più vasta spiritualità operante in lui si trovi con la sua coscienza nello stesso rapporto che aveva quando nei primi anni di vita aveva con la vita incosciente dell’anima (queste sue forze incoscienti provenienti dai mondi superiori sono quelle in cui si troverà l’uomo fra morte e nuova nascita).
Ora siamo molto vicini alla conoscenza della storicità del Cristo senza dipendere da documenti.

CONOSCENZA DELLA STORICITÀ DEL CRISTO SENZA DOCUMENTI
Se esistesse un uomo in cui fosse allontanato l’io, mediante una qualsiasi potenza cosmica (ammettendo così la possibilità di rimuovere dal corpo fisico, da quello vitale e da quello astrale, l’io ordinario che era passato attraverso le incarnazioni passate) che inserisse nei tre corpi un io in grado di agire in armonia coi mondi spirituali, dovrebbe accadere - come ho mostrato - che dopo tre anni il suo corpo dovrebbe soccombere. Dovrebbe in altre parole accadere che per effetto del karma
universale (karma significa in sanscrito legge di causa-effetto, relativa alle ripetute vite terrene, cioè al ghilgal, nome ebraico della reincarnazione) l’entità spirituale connessa coi mondi superiori non potrebbe vivere in quel corpo per più di tre anni (nel passaggio dall’età infantile a quella adulta la capacità di vivere dell’organismo umano si conserva perché questo è ancora in grado di modificarsi; invece nell’età più avanzata non è più capace di modificarsi, perciò non è più nemmeno in grado di continuare a sussistere con l’io di cui ho accennato). Soltanto alla fine di tutte le vite terrene l’uomo potrà avere ciò che gli consentirà di vivere per più di tre anni con quella entità spirituale. Ma allora l’uomo sarà anche in grado di dire: non io, bensì questo elemento superiore in me, che è sempre stato presente, opera adesso in me! Fino a quel momento egli non può ancora affermare ciò ma tutt’al più potrà sentire quell’elemento superiore, senza però essere capace di farlo realmente vivere in sé col suo vero io umano.
Se verso la metà dell’evoluzione della terra fosse esistito un organismo umano che in età adulta fosse stato liberato dal suo io ad opera di certe forze cosmiche, e avesse invece accolto l’io che di solito agisce solo nei primi tre anni dell’infanzia, e che fosse in rapporto coi mondi spirituali in cui si trova l’uomo fra la morte e una nuova nascita, quanto tempo un uomo siffatto potrebbe vivere nel corpo terrestre? Circa tre anni: perché allora per effetto del karma universale dovrebbe accadere qualcosa che distruggerebbe quell’organismo umano.
Ma ciò che qui è stato ipotizzato si è realmente avverato nella storia. L’organismo umano che si trovava in riva al Giordano quando l’io di Gesù di Nazaret si allontanò dai tre corpi, dopo il battesimo aveva accolto in sé in piena e libera attuazione, quel superiore io dell’umanità che di solito opera nel bambino con cosmica saggezza, senza che l’uomo ne abbia coscienza. Ma da ciò derivava la necessità che quell’io connesso al mondo spirituale superiore potesse vivere solo tre anni entro quell’organismo umano. I fatti dovettero svolgersi in modo che dopo tre anni la vita terrena di quell’essere avesse termine.
Gli eventi esteriori della vita del Cristo Gesù sono necessariamente da interpretarsi come determinati dalle cause interne di cui sopra, e si presentano come la loro espressione esteriore.
Ne risulta il rapporto profondo tra l’elemento guida dell’uomo, che risplende velatamente nella nostra infanzia operando di continuo in noi in modo subcosciente come la parte migliore di noi, e quello che penetrò una volta nell’intera evoluzione dell’umanità, vivendo per tre anni in una corporeità umana.
Che cosa si manifesta in questo io superiore, connesso con le gerarchie spirituali e che allora penetrò nel corpo umano di Gesù di Nazaret, in modo che il suo ingresso è rappresentato simbolicamente sotto la figura dello Spirito Santo che discende in forma di colomba, accompagnato dalle parole “Questo è il mio Figlio diletto, oggi l’ho generato” (perché così suonavano originariamente quelle parole)? Se si prende in considerazione questa immagine si scorge il sommo ideale umano. Questa immagine infatti non significa altro che questo: nella storia di Gesù di Nazaret è riferito che in ogni uomo si può riconoscere il Cristo. E se anche non esistessero né i vangeli, né la tradizione, che affermano che un tempo visse un Cristo, la conoscenza della natura umana permetterebbe di apprendere che il Cristo vive nell’uomo.
Conoscere le forze operanti sull’uomo nell’infanzia significa riconoscere il Cristo nell’uomo.
Sorge ora il problema: questa conoscenza conduce anche al riconoscimento del fatto che il Cristo è vissuto davvero una volta sulla terra in un corpo umano? A questa domanda si può rispondere affermativamente, SENZA RICORRERE AD ALCUN DOCUMENTO. Infatti una reale autoconoscenza che sappia osservare conduce l’uomo odierno a riconoscere che nell’anima dell’uomo si trovano forze che emanano dal Cristo. Nei primi tre anni dell’infanzia tali forze agiscono senza alcun intervento da parte dell’uomo. Più tardi possono agire se l’uomo cerca in sé il Cristo mediante una concentrazione nel proprio intimo. Ma non in ogni tempo l’uomo era in grado di trovare in sé il Cristo come lo può trovare oggi: vi furono tempi in cui nessuna concentrazione nel proprio intimo poteva condurre l’uomo al Cristo. Anche questo è insegnato dalla coscienza in grado di osservare (così come l’uomo odierno nell’infanzia indica se stesso in terza persona, allo stesso modo nell’umanità antica si esprimeva con frasi come: “Il mio cuore dice che…”, “Il cielo mi assicura che…”, “L’anima mia magnifica il Signore”, ecc.; ciò che molto spesso è preso superficialmente come espressione poetica è invece connesso con l’espressione normale di un’umanità più antica che sentiva la propria interiorità come mondo spirituale ma ancora in uno stato di sogno). La vita terrena del Cristo sta in mezzo, tra il passato in cui l’uomo non poteva trovare il Cristo in sé, ed il presente in cui è invece possibile trovarlo. Ed è proprio QUELLA stessa vita terrena la ragione per cui l’uomo è ora in grado di trovare il Cristo nel modo sopra accennato. In tal modo per la conoscenza capace di vedere è dimostrata l’esistenza terrena del Cristo, prescindendo da qualsiasi documento storico. Per una coscienza in grado di osservare quanto segue, il Cristo è essenzialmente un ideale capace di presentare a tutti, sollevato nello spirito, ciò che di solito si compie nella corporeità: nei primi anni della vita l’uomo impara a camminare fisicamente, partendo da forze spirituali: vale a dire che dallo spirito l’uomo si trova la sua via per la vita terrestre. E impara a parlare, cioè a formulare la verità, partendo da forze spirituali; in altri termini, nei primi tre anni di vita l’uomo sviluppa dal suono l’essenza della verità. Ed anche la vita che l’uomo, in quanto essere dotato di io, vive sulla terra, riceve il proprio organo vitale (il cervello) mediante ciò che si va formando nei primi tre anni dell’infanzia. Così dunque l’uomo apprende a camminare nel corpo, cioè a trovare “LA VIA”, apprende a presentare col suo organismo “LA VERITÀ” e impara ad esprimere nel corpo, partendo dallo spirito, “LA VITA”. Non sembra possibile concepire una più significativa trasformazione delle parole: “Se non diventate come fanciulli, non potete entrare nel regno dei cieli” e delle parole con cui si esprime l’io del Cristo: “IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA”. Così come le forze spirituali superiori improntano l’organismo infantile (che non è cosciente) in modo da farne un’espressione corporea della via, della verità e della vita, allo stesso modo lo spirito umano, compenetrandosi del Cristo, diventa a poco a poco, coscientemente, il portatore della via, della verità e della vita. In tal modo egli si trasforma nel corso del divenire terrestre nella forza che operava in lui durante l’infanzia (senza che egli ne fosse stato il soggetto cosciente).
Parole come quelle della via, della verità e della vita sono atte ad aprire le porte dell’eternità. Queste parole risuonano nelle profondità dell’anima umana se l’autocoscienza diventa reale e sostanziale. E tutto questo è possibile da Cristo in poi. Prima era impossibile accadesse naturalmente, ma occorrevano preparazioni artificiali a cui l’iniziando si sottoponeva con ripetute prove nelle cerchie oracolari e misteriche. E ciò non era concesso a tutti. Con altre parole si può dire che DALL’INCARNAZIONE DI CRISTO IN POI NON VI SONO PIÙ MASSE DI PERSONE DA CONDURRE E PILOTARE ORACOLARMENTE (almeno non dovrebbero più esserci anche se l’eccezione anti-evolutiva voluta dal cattolicesimo conferma la regola), BENSÌ PIUTTOSTO DELLE INDIVIDUALITÀ SEMPRE MAGGIORMENTE AUTOCOSCIENTI, OGNUNA DELLE QUALI È UN GREGGE DI FORZE CHE L’IO CRISTICO APOSTOLICO CONDUCE NATURALMENTE AL PADRE, CIOÈ AD UN PENSARE UNIVERSALE UNO COL PADRE.
Oggi la direzione spirituale dell’uomo non può più avvenire tramite documenti esterni o tramite “direttori spirituali” esterni all’uomo. La direzione dell’uomo d’oggi consta dell’autocoscienza capace nell’uomo di far trovare il Cristo in sé, come guida alla quale, dal tempo in cui il Cristo visse sulla terra, si può sempre arrivare, perché è sempre presente nell’uomo. QUESTA È L’UNICA PREDICAZIONE POSSIBILE DA CRISTO IN POI. E questo sarà sempre più avvertito come giusto dall’umanità. È naturale che sia così. Ciò non significa sminuire l’autorità delle scritture. Infatti se si applica ai documenti storici la conoscenza che si è acquistata senza di quelli, si scopre la vera natura di QUEI DOCUMENTI, i quali NON SORSERO PER PORTARE ALLUCINAZIONI NEGLI UOMINI E NEANCHE PERCHÉ FOSSE POSSIBILE PILOTARE IN UN MODO DIVERSO LE MASSE IN NOME DELL’ISPIRAZIONE PROVENIENTE DALLO SPIRITO SANTO.