COSA SONO I VANGELI

Giordano Bruno, Ceramica
dipinta da Aurelia Pallastrelli

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Se anziché spiegare la connessione della natura umana coi pensieri “Se non diventerete come i fanciulli…” e “Io sono la via, la verità e la vita” preferissi essere determinato da questi come da qualcosa di esterno a me, e adottassi un comportamento conseguente, rischierei l’astrattizzazione di quei contenuti di pensiero, i quali andrebbero persi. È in questo modo che robotizzerei la mia vita, diventando una specie di automa superiore che in nome di ideali astratti e privi del loro contenuto fa ciò che sta scritto, e impedisce la libertà: infatti in tal caso io non agirei più liberamente, per amore dell’azione, ma agirei perché così SI DEVE agire; la robotizzazione della vita spirituale non è altro che filisteismo, cioè gretto attaccamento a una tradizione. In tal modo il mio essere spirituale si riduce alla ripetizione di formule. “Vogliamoci bene”, “ci vuole l’amore di Dio”, “Dio è amore”, “occorre diventare come i fanciulli”, “Bisogna seguire la via, la verità, la vita”, “Bisogna seguire Gesù”, ecc. non sono che esempi. Oppure si ripetono i dogmi della nostra confessione religiosa. Oppure si ripetono gli insegnamenti del nostro “padre spirituale”, o del nostro guru.
Tra i mezzi più significativi di cui Arimane dispone per agire sulla terra dall’al di là, vi è quello di promuovere nell’umanità il pensiero astratto. Invece di mostrare agli uomini d’oggi ciò che avviene in base ad esperienza concreta, si parla all’umanità di teorie generiche, e perfino di teorie sociali. Coloro che parlano di teorie ritengono astratto proprio quanto si rifà all’esperienza, perché non hanno alcuna idea della vita. Tutto ciò fa parte del piano voluto da Arimane, il quale predispone inoltre affinché attraverso l’astrazione si generi un’errata interpretazione dei vangeli. E proprio come Arimane ha il massimo interesse a conservare il senso per l’astrazione, così pure ha il massimo interesse affinché l’umanità sviluppi sempre una religiosità che si basa unicamente sui vangeli cartacei.
Gran parte delle confessioni religiose oggi esistenti non sono altro che una preparazione di Arimane per realizzare i suoi fini nell’esistenza terrena. In che modo per esempio si potrebbe meglio servire Arimane, se non decidendo di sfruttare un potere di cui si è in possesso per ordinare a coloro che in tale potere credono e a cui si assoggettano, di lasciar perdere l’idea della reincarnazione, o delle due genealogie di Gesù o della conoscenza storica e non allucinata del mistero del Golgota, e di limitarsi a credere nelle scritture senza farsi troppe domande?
In realtà i documenti religiosi esprimono storicamente qualcosa che si manifesta da se stesso nell’intimo dell’anima. Perciò dobbiamo ascriverli a quella direzione dell’umanità che deve condurre l’anima a riflettere su se stessa, e NON a NON riflettere. Occorre compenetrare le scritture con pensiero riflessivo ed autocosciente.
Se in questo modo si comprende il senso eterno delle parole “Io sono la via, la verità e la vita”, si sente quanto sia ingiustificato chiedere perché l’uomo debba ricominciare sempre da bambino anche dopo aver attraversato molte incarnazioni. Infatti questa apparente imperfezione rappresenta un continuo ricordo di quanto di più elevato vive nell’uomo. E non si può mai ricordare abbastanza spesso, e perlomeno all’inizio di ogni nuova vita, il fatto fondamentale del valore della natura dell’uomo, riferito all’Entità che sta alla base di tutta l’esistenza terrestre, senza peraltro essere menomata dalle imperfezioni di questa esistenza.
Nelle cose che riguardano lo spirito o il cielo cioè l’elemento celato, occulto della vita, non è bene esprimersi con molte definizioni o concetti. E’ meglio cercare di caratterizzare, per risvegliare il sentimento di ciò che realmente è. Pertanto dovremmo destare in noi un sentimento di ciò che contraddistingue i primi tre anni della vita umana e del rapporto esistente fra questo e la luce che irradia dalla croce sul Golgota. L’evoluzione - ed è questo che dovremmo risvegliare come sentimento in noi - è percorsa da un impulso di cui a ragione si può affermare che è suo compito di avverare il detto di Paolo: “ non io, ma il Cristo in me”. Basta sapere ciò che l’uomo è in verità, per poter arrivare da questa conoscenza al riconoscimento dell’entità del Cristo. Ma se una vera conoscenza dell’umanità ci avrà condotti a questa idea del Cristo, e avremo riconosciuto che il modo migliore per scoprire il Cristo è di cercarlo prima di tutto in noi stessi, volgendoci poi di nuovo ai testi evangelici ne scopriremo solo allora il grande valore. Nessuno apprezza la Sacra Scrittura maggiormente, ma anche più coscientemente, di chi avrà scoperto il Cristo nel senso suddetto.
Si potrebbe fare l’ipotesi che qualcuno, diciamo un abitante di Marte discendesse sulla terra senza mai aver udito menzionare il Cristo e la sua opera. Costui non sarebbe in grado di comprendere molto di quanto è avvenuto sulla terra, né lo interesserebbero molte delle cose che interessano gli uomini di oggi. Lo interesserebbe invece il punto centrale di tutta l’evoluzione terrestre: l’idea del Cristo quale si esprime nell’essere stesso dell’uomo. Chi lo ha capito apprezzerà ora più che mai i testi evangelici, poiché vi troverà mirabilmente espresso ciò che prima avrà scoperto in se stesso. E potrà dirsi: non occorre neppure che io sia stato educato ad apprezzare in modo speciale i vangeli; mi avvicino a questi in piena coscienza e, grazie a quanto ho imparato dalla capacità di osservazione della mia coscienza, mi appaiono allora in tutta la loro grandezza (è ovvio che si intende una capacità di osservazione di una coscienza moderna, attuale, che sia cioè impostata scientificamente anche per l’osservazione di contenuti spirituali).
Viene un tempo in cui si riconoscerà che chi ha appreso in modo scientifico-spirituale, vale a dire secondo l’impostazione di ricerca di verità, che possano essere mostrate in modo concreto, e percepibili intuitivamente dal sano pensare di ognuno, ad apprezzare giustamente il contenuto dei vangeli, riconoscerà in essi degli scritti fondamentali per l’umanità, in un senso che renderà loro giustizia MAGGIORE di quanto sia avvenuto sinora.
L’umanità dovrà ancora imparare a capire, mediante la conoscenza dell’essenza dell’uomo stesso, tutto ciò che si trova in quei profondi documenti. Ci si dirà allora: se nei vangeli troviamo quello che è talmente connesso all’essenza dell’uomo, vi deve essere stato immesso da coloro che li scrissero, e quindi per gli autori di quegli scritti deve valere più che mai ciò che dobbiamo affermare della nostra vita (e tanto più, quanto più vecchi diventiamo). Vale a dire: abbiamo fatto molte cose che comprendiamo solo molti anni più tardi. Negli autori dei vangeli possiamo riconoscere uomini che scrissero ispirati dal loro io superiore, da quell’io che opera nell’uomo durante gli anni dell’infanzia. I vangeli sono quindi degli scritti provenienti dalla saggezza che forma l’uomo.
L’uomo è manifestazione dello spirito per mezzo del suo corpo; i vangeli ne sono una manifestazione per mezzo della scrittura.
Con queste premesse il concetto di ispirazione riacquista il suo giusto significato. Così come certe forze superiori agiscono nel cervello nei primi tre anni, allo stesso modo nelle anime degli autori dei vangeli furono impresse dai mondi spirituali certe forze dalle quali scaturì la composizione dei vangeli.