CONCLUSIONE

Capita spesso che rappresentanti di qualche confessione religiosa (o politica, partitocratica, ecc.) abbiano comportamenti strani di fronte a verità scientifico-spirituali come per esempio quella dei due bambini Gesù (ciò che intendo dire non vuole affatto esprimere un biasimo). Qualcuno che si metta davanti a un’esposizione del tipo di questo scritto, che tratti della reale natura del cristianesimo (cioè del senso che la natura del cristianesimo dovrebbe avere nella misura in cui le contraddizioni delle due genealogie di Gesù siano risolte ad un superiore livello di giudizio critico), potrebbe dire: “Tutto ciò è molto bello, e in sostanza non contraddice nulla di quanto anche noi (per esempio: cattolici) diciamo dal pulpito; noi però lo diciamo in modo che tutti lo possano capire. Invece quanto affermi tu possono capirlo solo in pochi”. Spesso capita di sentir parlare così. Chi parla così, però, crede che l’unico modo possibile di comprendere e di predicare il cristianesimo sia il proprio; e non tiene conto di una cosa molto importante: non considera che il valore del giudizio critico degli esseri umani consiste nel giudicare NON secondo le opinioni personali ma secondo i fatti. Ad uno di questi predicatori di opinioni personali Rudolf Steiner racconta di avere risposto nel modo seguente a Basilea (23 settembre 1909): «Mi capitò un giorno di rispondere così a una di queste persone: “Forse lei crede di annunciare la verità cristiana a tutti gli uomini. In queste cose però non conta quel che si crede ma contano i FATTI. Non tutti vengono ad ascoltare lei; anzi, i fatti provano il contrario. E la scienza dello spirito non è fatta per quelli che sono appagati da quanto dice lei; è fatta per quelli che hanno bisogno di qualcos’altro”».
Dovremmo dunque giudicare secondo FATTI e non secondo le nostre opinioni; ma in genere è molto difficile distinguere le opinioni dai fatti.
Cosa se queste persone non potessero assolutamente guarire dall’idea di essere solo loro ad avere ragione, e dalla ripugnanza verso quelli che parlano un linguaggio nuovo e in modo diverso da loro (cioè in un modo NON allucinato)? Cosa accadrebbe se, in conseguenza di ciò, la vita spirituale non potesse affermarsi? Accadrebbe che aumenterebbe sempre di più il numero degli uomini che non sono più appagati dal modo antico di annunciare i fatti spirituali, cioè dal modo che fu in uso finora nelle diverse concezioni spirituali. In sostanza, diminuirebbe sempre più il numero di coloro che vogliono interessarsi a queste cose. Se però non ci fosse la ricerca scientifico-spirituale, costoro non avrebbero più nulla. Soprattutto non avrebbero più nulla che sia in grado di appagare il loro bisogno di spiritualità, e soccomberebbero nella schiavitù delle allucinazioni evangeliche, perché non avrebbero alcun nutrimento per la loro esigenza di vita spirituale. LA FORMA IN CUI CI È PREPARATO IL CIBO SPIRITUALE NON DOVREBBE DIPENDERE DALL’ARBITRIO DEI SINGOLI, MA DALL’EVOLUZIONE DEI SINGOLI! Oggi siamo arrivati a un punto in cui gli uomini chiedono di essere appagati nei loro bisogni spirituali, vale a dire nell’interpretazione dei vangeli e in altre cose. Il modo in cui si vuol dare quell’appagamento non conta tanto. Ciò che conta è come l’attività interiore degli uomini lo domanda. Nell’attività interiore dell’essere umano nasce sempre più l’anelito alla SCIENZA dello spirito. Ciò che conta oggi è basarsi sui fatti. E nell’uomo odierno vi è sempre di più questa tendenza che è come una nostalgia per la scienza dello spirito, a carattere antroposofico, dato che essa è spiritualità oggettiva basata sui fatti. E non è certo colpa di coloro che insegnano le cose al modo antico, se non arrivano a soddisfare i bisogni spirituali della nostra epoca: il numero dei loro ascoltatori è di gran lunga diminuito ed andrà sempre più diminuendo.
Viviamo in un’epoca in cui diminuisce sempre più nell’interiore attività umana la possibilità di accettare le antiche scritture come sacre o come furono accettate durante gli ultimi cinque o sei secoli. Delle due l’una: o l’umanità accoglie la scienza dello spirito e mediante questa impara a comprendere le antiche scritture in senso nuovo, oppure non può che arrivare al punto di non poter più ascoltare i vangeli, come avviene già a molti che non conoscono l’antroposofia. Io mi sono avvicinato ai vangeli ed al loro approfondimento solo grazie alla scienza dello spirito antroposofica. Senza l’antroposofia avrei senz’altro considerato Gesù il migliore dei filosofi ma non ne avrei mai compreso scientificamente la cosmicità. Antroposofia significa etimologicamente; sapienza (sophia) dell’uomo (antropos). La chiesa cattolica si definisce “esperta in umanità”. Tale esperienza o sapienza in umanità non è però ancora stata mostrata tramite esperienza o esperimento scientifico-spirituale. Allo stesso modo non basterà definirsi antroposofi per esserlo veramente. L’antroposofia è, in ultima analisi, un uomo vivo, l’uomo della fenomenologia dello spirito. Questo stesso manoscritto, per esempio, non può testimoniare esaustivamente l’antroposofia vivente di colui che lo ha concepito e impostato. Altro è il pensiero riflesso in questo scritto, altro è il pensiero vivente che anela a testimoniarlo. La differenza è come quella fra la luce della luna e quella del sole. La prima è riflessa, la seconda è diretta. Questo scritto vuole solo dare un’idea di come dovrà essere la futura comprensione dei vangeli affinché questi non vadano perduti nei loro più profondi valori e significati. Perché al di là di questo modo di avvicinarsi alle scritture l’umanità perderà interamente i vangeli, gli antichi testi biblici, ed i più importanti ed immensi beni spirituali per la nostra evoluzione terrestre andranno perduti per l’umanità. Dobbiamo comprenderlo: siamo a una svolta della nostra evoluzione. L’interiore attività degli esseri umani chiede che i vangeli siano spiegati alla luce dell’antroposofia. Se questa spiegazione sarà data agli uomini, allora i vangeli si conserveranno per il bene di tutti. Se questa spiegazione non sarà data, i vangeli andranno perduti. Questo dovrebbero dirsi coloro che credono di dover conservare assolutamente le loro vedute, il loro modo tradizionale di intendere le sacre scritture.

Nereo Villa
mese di ottobre 1988
Castell’Arquato

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